mercoledì 6 agosto 2008

Vicoli


Raggi obliqui penetravano sui tetti ravvicinati.
Era primavera.
In quelle ore che mi separavano dal turno di pomeriggio, avevo scelto di passeggiare.
Ero alla ricerca di un non luogo. Un dove in cui potessi perdermi per qualche attimo.
In cima alle scalette della “morte” c’era quel non luogo fatto di straordinari silenzi in cui a volte mi invitavo a passare un po’ di tempo.
Consideravo quell’ ammasso di parole un rifugio segreto dell’ animo dove poter sostare per poi riprendere la solita routine.
Era una vecchia libreria quasi attaccata alla piazza della città.
Entrai.
Il negozio era deserto, l’orario di quelli in cui non si potevano incontrare troppe persone.
Il silenzio mattutino era rotto solo in lontananza dal brusio della piazza e da rari rumori di un fragore quasi piacevole che venivano invece dal negozio:
erano pagine, fogli sconosciuti intenti a farsi spostare sugli scaffali.
Sapevo che lì dentro non c’era bisogno di parlare.
Già questo mi riempiva di una lieve ebbrezza sollevandomi dalle difficoltà che da sempre incontravo nel rapporto con gli altri; oltre al fatto di ritenere inutili e poco interessanti molte delle parole dette dai miei simili.
Udii un “Come va”.
Era il saluto del commesso con cui avevo intrattenuto spesso cordiali e frugali scambi di battute in altre occasioni.
Mi voltai, vidi una mezza figura presa a rovistare nello stanzino adiacente all’ entrata.
“ciao Sandro!!” risposi, quasi sorpreso da quella inaspettata cortesia.
Iniziò così una conversazione silenziosa.
Parole all’ inizio lente, quasi a non voler uscire, piano piano però, l’atmosfera diventò più familiare e sempre mantenendo quel lieve distacco che si confà a due semi sconosciuti, quei minuti scivolarono dentro le nostre vite come un viaggiatore segreto che chiede il permesso per accomodarsi, in un vagone di un treno, per chissà dove.
Parlammo di libri e di storie passate; faceva il commesso libraio da quasi trent’ anni. Quei 20 metri quadri erano diventati il cassetto della sua memoria. Fulcro di elucubrazioni mentali indefinite: l’ inspiegabile destino del nostro pensare; derive umane che prendevano senso proprio nel loro non portare mai da nessuna parte.
Non so a quale punto della conversazione, fatto sta che l’ingresso di una cliente ci riporta alla situazione iniziale; Sandro commesso libraio, e io, operaio in licenza letteraria.
Decido allora di uscire, senza motivo.
I miei passi leggeri e distanti; ripartono.
Torno a casa, mi metto alla scrivania
e scrivo… le parole di inchiostro…


l’ anima si perde
davanti alle incertezze
del domani

vivere
è il sospiro di un attimo
non pensato
e inafferrabile

alzo lo sguardo, un raggio di sole percorre la mia casa. Le parole trasmettono false grandezze, come la luce nei troppi muri di stanze buie.
Ignoro le fragilità dell’umano vivere, sottraendomi all’ odore del ferro, delle chiavi e dei martelli e di quella gente nascosta sotto quelle tute sporche dal sudore dei giorni.
Non avevo capito nei suoni vocali di quell’incontro se il commesso era o no soddisfatto di sé. Sapevo però che quelle parole inaspettate, sorprese, lievi e senza pretese mi erano piaciute.
Mi ritrovo adesso falso scrittore, distaccato come lo sguardo di uno scrittore vero, sospeso ad aspettare il prossimo tempo sognante di una parola detta o scritta, non importa.
Un gatto si affaccia sulla finestra.
È ora di andare al lavoro.


paul

2 commenti:

eMuse ha detto...

No, è ora che pubblichi qualcos'altro!
Sono come quel gatto citato alla fine del tuo racconto, che si affaccia placido e curioso alla finestra per vedere se ci sono novità sulla strada, magari un pezzo di carne o un pescetto o una ciotola di latte.
Dato che il gatto finora ha trovato buono il cibo trovato sotto la finestra, è lì che aspetta: non sarebbe ora di farlo contento?
Scherzo, ma come si dice... la curiosità ha ucciso il gatto!
Complimenti, Paul.

paul ha detto...

Grazie all'ignoto lettore per i complimenti, ma all'euforia iniziale è sopravvenuta una sorta di freno interiore che chissà, magari grazie alle anonime parole, spero presto passi.
A presto...